L’ultima doccia fredda arriva dalla Commissione europea. Secondo le nuove previsioni di inverno, nel 2019 il Pil italiano “scenderà a +0,2%, considerevolmente meno di quanto anticipato” nelle previsioni autunnali (+1,2%) e meno anche di quanto stimato dal governo in dicembre (+1%) proprio dopo la correzione delle stime auspicate dall’Europa. I rilievi dell’esecutivo Ue sono poco incoraggianti. Secondo la Commissione la prospettiva di crescita dell’Italia “è soggetta ad alta incertezza”.

“La previsione di una debolezza dell’economia globale e l’impatto di una accresciuta incertezza della politica sul ‘sentiment’ e sulle condizioni di finanziamento del settore privato, potrebbe portare a una recessione più prolungata”. Dal canto suo il ministro dell’Economia Giovanni Tria, parlando in Parlamento, ha comunque escluso che sia necessaria una manovra correttiva e a proposito degli ultimi dati Istat ha sottolineato che la frenata dell’Italia è “una battuta d’arresto” più che una recessione”.

201920202021
COMMISSIONE EUROPEA0,20,8
COMMISSIONE EUROPEA (NOVEMBRE 2018)1,21,3
GOVERNO11,11
BANKITALIA0,60,91
FMI0,60,90,7

L’esecutivo Ue parla di un’attività economica “anemica” nella prima metà dell’anno. La revisione, la più ampia in Ue, è dovuta a “un rallentamento peggiore del previsto nel 2018, incertezza di policy globale e domestica e a una prospettiva degli investimenti molto meno favorevole”. La stima del Pil 2018 è 1%, nel 2020 0,8%, e l’Italia resta fanalino di coda in Ue. La crescita per l’intera Eurozona si attesta a +1,3% nel 2019. Sempre a proposito dell’Italia, il commissario agli affari economici Pierre Moscovici ha difeso l’intervento della Commissione in autunno, quando l’Italia ha rivisto non solo le proprie stime iniziali di crescita (inizialmente era prevsto un +1,9% nel 2019) ma anche le spese previste per la Manovra e il livello di deficit. In Italia – ha spiegato – lo spread è calato a dicembre, dimostrando che sulla manovra “abbiamo preso la giusta decisione, immaginiamo cosa sarebbe successo se non l’avessimo fatto”.

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In mattinata il governo aveva comunque confermato le proprie previsioni. “Noi confermiamo le nostre valutazioni di crescita”, aveva detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte da Beirut. “Io sono molto fiducioso su quello che stiamo facendo, aiuterà la nostra economia. Voglio dire a tutti quanti di stare tranquilli, di andare avanti: non cederemo a questo racconto catastrofista sull’Italia che stanno facendo in queste ore”, ha detto invece Luigi Di Maio.

Più cauto – come detto – invece il ministro Giovanni Tria, che riferendosi alle stime Istat pubblicate la scorsa settimana sul quarto trimestre 2018 ha detto: “Sottolineo che si tratta di una stima preliminare, che segnala una fase di cosiddetta recessione tecnica. La flessione cumulata è comunque limitata a 0,36 punti percentuali” quindi si può parlare “di battuta d’arresto più che di vera recessione”.

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A proposito dei dati della Commissione invece Tria ha siegato che la revisione della Ue è “spiegata dall’effetto di trascinamento delle stime Istat”, ovvero dall’eredità sul 2019 del rallentamento registrato dall’Istituto di statistica nazionale nel terzo e quarto trimestre dell’anno scorso, chiusi rispettivamente a -0,1 e -0,2 per cento. In riferimento alla sforbiciata di un punto percentuale alla crescita operata da Bruxelles, Tria ha ulteriormente precisato: “Secondo i nostri calcoli il taglio è spiegato per 0,6 punti percentuali dai dati peggiori del previsto nella seconda parte dell’anno scorso e per 0,4 punti dal maggior pessimismo sul profilo trimestrale della crescita nel 2019”. In sostanza, per il titolare delle Finanze la Ue “ha preso atto del peggiore ciclo economico del finale del 2018”, ma non è così pessimista su quest’anno. Per Tria continua a non esistere la necessità di una manovra correttiva, visto che l’obiettivo programmato con la Ue riguarda il deficit strutturale.

Resta in ogni caso l’effetto potenziale di questa revisione delle stime sui parametri della finanza pubblica. A questo punto, con una previsione di crescita del Pil dello 0,2% e ipotizzando un deflatore (indicatore della dinamica dei prezzi) all’1,2%, l’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica guidato da Carlo Cottarelli stima che l’anno si possa chiudere con un deficit/Pil al 2,4 per cento. Proprio il livello che aveva provocato lo scontro tra il governo pentaleghista e Bruxelles, poi risolto con la revisione della Manovra per scendere al famoso 2,04%. Anche dal punto di vista del rapporto tra debito e Pil il quadro s’incupisce: invece di collocarsi al 130,7 per cento indicato a dicembre dal Tesoro, l’Osservatorio calcola che salirebbe al 132,9 per cento, considerando plausibile un incasso da privatizzazioni pari a 0,3 punti percentuali di Pil contro l’1% messo nel mirino dal governo.

Maxi taglio anche per Germania e Olanda

Il nostro Paese però non è il solo ad avere subito pesanti correzioni delle stime. “Tra i maggiori stati membri, revisioni al ribasso della crescita sono state considerevoli”, oltre che per l’Italia, anche per “Germania e Olanda”. Il pil della Germania è stato rivisto all’1,1% dall’1,8%, mentre quello dell’Olanda all’1,7% dal 2,4%, con un taglio per entrambi i Paesi dello 0,7% rispetto alle previsioni d’autunno.